Foresta di Dilka Bear |
Summer by Abai Kunanbaev
Summer climbs the mountains
Flowers overcolour and blanch.
Men leave the sun and sit,
tree-tented, by the cold creek.
Horses bray, each apart
in the warm air, and the long grass
whiffles in a lime plain.
Hushed and still, the horseherd stand
in whiter-high; and wave
the flies away with silk-swish tails;
and colts clatter the air,
rippling the quiet, and lifted eyes.
Geese hoot through certain blue.
Ducks slip past, water-brushing.
Girls frame the tents, their
soft voices melting in the heat.
The boss rides back from his sheep,
smiling through tent-town,
clopping with warm slow time,
his hat a tilted effect.
And old-timers suck round
the milk-hooch bag, their
say-again stories fired
in their laugh-again eyes.
The stewmeat steams.
A boy tugs his mother's spoon.
The bosses sit in a curl of time
on light-swirled carpets
under a languid tilt
and suck their tea and talk and talk
in mannered turn. A rheumy old grouch
shouts at the shepherds' dust,
one ear on his own brave show.
No other ear heras more than heat
and quiet: and talk runs on,
creek-like, with the creek.
The herdsmen, strutting-young,
rock coolly in their saddles, parading back
from night-time grazing, dressed
to see, and riding twice their blood.
Way past the tents in the softened heat
the boss's son casts falcons
with his friends. Their horses mouth
the close, bright air. The bird
drills up along the sky
and nails a heat-blown goose.
And the rheumy old grouch,
coughing in the shepherds' dust,
stares, unwatched, and hot with sadness
that his glory is all gone.
***
Estate di Abai Kunanbaev
L’estate sale sulle colline.
I fiori imbiancano e si colorano.
Gli uomini lasciano il sole e siedono
sotto gli alberi, vicino al fresco ruscello.
I cavalli nitriscono, ognuno lontano
dall’altro nell’aria calda e l’erba alta
sussurra in una pianura di tigli.
Tranquillo ed immobile il branco di cavalli
è immerso nell’acqua ferma; e scaccia
le mosche con leggeri colpi di coda;
e i puledri scalpitano nell’aria,
rompendo la quiete negli occhi sgranati.
Le oche starnazzano nel blu.
Le anatre scivolano sull’acqua.
Le ragazze mettono su le tende, le loro
Voci morbide si sciolgono nel caldo.
Il capo ritorna dalle sue pecore,
sorridendo attraverso la tendopoli,
facendo scalpitare il cavallo,
il cappello inclinato sulla testa.
I ritardatari sorseggiano il latte
munto di fresco, le vecchie storie
narrate negli occhi sorridenti.
Lo stufato bolle.
Un ragazzo strappa di mano
alla mamma il cucchiaio.
I capi siedono per un attimo
sui tappeti distesi
sotto un languido pendio
e bevono il tè e parlano, parlano
a modo loro. Un vecchio brontolone
urla per la polvere delle pecore,
un orecchio al suo coraggioso spettacolo.
Nessun altro sente se non caldo e silenzio:
e le chiacchiere continuano,
a fiumi, con il fiume.
I pecorai giovani in apparenza,
si cullano sulle loro selle, al ritorno
dal pascolo notturno, vestiti per vedere
cavalcare il loro sangue due volte.
Lontano dalle tende, nel caldo morbido,
il figlio del padrone lancia falconi
con gli amici. Le bocche dei loro cavalli
hanno l’aria lucente in bocca. L’uccello
trilla su nel cielo
e martella di sotto un’oca sfatta dal caldo.
E il vecchio reumatico brontolone,
tossendo nella polvere del gregge,
resta immobile, di nascosto, pieno di tristezza
medita sulla sua antica gloria.