domenica 26 luglio 2020

Lowell, il delfino della poesia americana


Copertina del libro di Robert Lowell





Mr. Edwards e il ragno di Robert Lowell

 

Vidi i ragni camminare nell’aria,

galleggiando d’albero in albero quel giorno stantio

del tardo agosto quando il fieno

giungeva cigolando al fienile. Ma dove

il vento è dell’ovest,

dove il nocchioso novembre fa volare i ragni

nelle apparizioni del cielo,

essi cercano soltanto pace e muoiono

presto dirigendosi a levante, verso l’alba e il mare;

 

che cosa siamo nelle mani del grande Iddio?

Invano tu ponesti spine e rovi

in ordine di battaglia contro il fuoco

e il tradimento crepitante nel tuo sangue;

poiché le aspre spine s’ammansano

e non faranno nulla per opporsi alla fiamma;

le tue ferite narrano la partita senza scampo

che tu giochi contro una malattia che non puoi curare.

Quanto saranno forti le tue mani? Quanto resisterà il cuore?

 

Una cosa minuta, un vermiciattolo,

o un ragno con emblema di clessidra, si racconta,

può uccidere una tigre. Rispecchierà

il morto la natura e dichiarerà

ai quattro venti il lezzo

e il lampo della sua autorità? È giusto

se Dio che ti trattiene sul pozzo dell’inferno,

come uno tiene un ragno, distruggerà,

confonderà e dissolverà la tua anima. Da fanciullo

nella palude di Windsor, vidi il ragno morire

gettato nelle viscere del fuoco feroce:

non c’è lunga lotta, nessun desiderio

di rimettersi in piedi e fuggire –

allunga le zampe

e muore. Questo è l’ultimo rifugio del peccatore,

sì, e nessuna forza usata sulla calura

ritempra allora la volontà soppressa, quando dolorante

e pieno di fuoco esso sibilerà sul mattone.

 

Ma chi può misurare fino in fondo l’inabissarsi di quell’anima?

Josiah Hawley, immaginati messo

in una fornace di mattoni la cui vampa

fa carbone dei tuoi teneri organi vitali –

se misurato con la clessidra

come parrà bruciare a lungo! Lascia passare

un minuto, dieci, dieci trilioni; ma la fiamma

è infinita, eterna: questa è la morte,

morire e saperlo. Questa è la Vedova Nera, la morte.


venerdì 24 luglio 2020

Farrokhzad, solo la voce che resta


The Mesh, Shiva Ahmadi




Saluterò di nuovo il sole di Forugh Farrokhzad

 

Saluterò di nuovo il sole,

e il torrente che mi scorreva in petto,

e saluterò le nuvole dei miei lunghi pensieri

e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino

che con me hanno percorso le secche stagioni.

 

Saluterò gli stormi di corvi

che a sera mi portavano in offerta

l’odore dei campi notturni.

 

Saluterò mia madre, che viveva in uno specchio

e aveva il volto della mia vecchiaia.

E saluterò la terra, il suo desiderio ardente

di ripetermi e riempire di semi verdi

il suo ventre infiammato,

sì, la saluterò

la saluterò di nuovo.

 

Arrivo, arrivo, arrivo,

con i miei capelli, l’odore che è sotto la terra,

e i miei occhi, l’esperienza densa del buio.

Con gli arbusti che ho strappato ai boschi dietro il muro.

 

Arrivo, arrivo, arrivo,

e la soglia trabocca d’amore

ed io ad attendere quelli che amano

e la ragazza che è ancora lì,

nella soglia traboccante d’amore, io

la saluterò di nuovo.


martedì 21 luglio 2020

Pavese, il mestiere di poetare


Figure al balcone, Piero Marussig




Lavorare stanca di Cesare Pavese

 

Traversare una strada per scappare di casa

lo fa solo un ragazzo, ma quest’uomo che gira

tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo

e non scappa di casa.

 

Ci sono d’estate

pomeriggi che fino le piazze son vuote, distese

sotto il sole che sta per calare, e quest’uomo, che giunge

per un viale d’inutili piante, si ferma.

Val la pena esser solo, per essere sempre più solo?

Solamente girarle, le piazze e le strade

sono vuote. Bisogna fermare una donna

e parlarle e deciderla a vivere insieme.

Altrimenti, uno parla da solo. È per questo che a volte

c’è lo sbronzo notturno che attacca discorsi

e racconta i progetti di tutta la vita.

 

Non è certo attendendo nella piazza deserta

che s’incontra qualcuno, ma chi gira le strade

si sofferma ogni tanto. Se fossero in due,

anche andando per strada, la casa sarebbe

dove c’è quella donna e varrebbe la pena.

Nella notte la piazza ritorna deserta

e quest’uomo, che passa, non vede le case

tra le inutili luci, non leva più gli occhi:

sente solo il selciato, che han fatto altri uomini

dalle mani indurite, come sono le sue.

Non è giusto restare sulla piazza deserta.

Ci sarà certamente quella donna per strada

che, pregata, vorrebbe dar mano alla casa.

 


domenica 19 luglio 2020

Lowell, favola per i critici


Ritratto di James Russell Lowell




Il poeta di James Russell Lowell

 

Colui che ha sentito il mistero della Vita

schiacciarlo come una notte cupa,

la cui anima non ha conosciuto altro

se non la sofferenza; -

colui che ha visto forme confuse sollevarsi

dalle profondità silenti dello spirito

e fissarlo con sguardo espressivo

pieno di speranza,

eppure non in grado di proferire neppure una parola,

sebbene egli preghi tutta la notte che riescano,

“salvatemi, salvatemi! Sono malato,

e voi siete così meravigliosamente forti”! -

Colui che, nella mezzanotte più tetra e cupa,

ha sentito la voce della potenza

irrompere echeggiando tra le sale del sonno

nel solitario cuore della Notte,

e, dal suo giaciglio insonne,

ha guardato e ha pianto perchè desiderava sapere

cosa voleva dire quell’oracolo

che ha reso il suo essere così affranto;

colui che ha sentito quanto possente e grande

sia l’Anima dell’uomo,

e non ha abbassato lo sguardo davanti al Destino,

da cui la Vita e il Pensiero derivano;

la cui armatura di questa fiducia immobile

non conosce debolezze,

colui che ha calpestato e gettato la paura nella polvere

sotto i piedi dell’umiltà; -

colui che in pace con se stesso ha portato la sua croce,

riconoscendosi come il re

del suo tempo, e non ha considerato uno spreco

imparare tramite la sofferenza; -

e colui che ha adorato la donna

con animo puro e modesto,

e non ha mai profanato il suo sacro tempio

né con le azioni né con il pensiero -

Questi è il Poeta, colui al quale

é stato dato il dono della poesia,

la cui vita è sublime, forte e vera,

e che non è mai caduto dal Cielo;

il Poeta, che grazie alle sue labbra

egli vive per l’eternità,

maestose come le navi in alto mare,

le parole della Saggezza egli sparge.


sabato 18 luglio 2020

Longfellow, girone Dantesco americano


Ritratto di Henry Wadsworth Longfellow




Un salmo della vita di Henry Wadsworth Longfellow

 

Non dirmi in tristi versi

Che la vita è un sogno vuoto!

Che l’anima che sogna è morta,

E le cose sembrano ciò che non sono.

 

La Vita è reale! La Vita è sincerità!

E la tomba non è il suo traguardo;

Sei polvere e polvere tornerai –

Questo l’anima non riguarda.

 

Non al godimento, né al dispiacere,

La nostra fine o via è destinata;

Ma ad agire, e che ogni domani

Ci trovi più oltre l’odierna giornata.

 

Il lavoro è lungo e il Tempo scorre,

E il nostro animo, benché prode e forte,

Come soffocato tamburo batte

Le marce funebri fino alla morte.

 

Nel campo di battaglia del mondo,

Nel bivacco della Vita, ogni momento,

Non essere come muto bestiame!

Sii un eroe nel combattimento!

 

Non fidarti del Futuro, benché lusinghiero!

Che il Passato seppellisca la sua opera!

Agisci, agisci nel Presente che vive!

Il cuore dentro, e Dio al di sopra!

 

Le vite dei grandi ci spingono

A fare delle nostre vite un portento,

E, morendo, a lasciare dietro di noi

Le nostre impronte sulle sabbie del tempo;

 

Le impronte, che forse un altro –

Un fratello solo e naufragato,

Navigando sul maestoso mare della vita,

Vedendo, di nuovo si sentirà rincuorato.

 

Dunque stiamo desti e facciamo,

Con il cuore per ogni evento;

Sempre realizzando, sempre perseguendo,

A lavorare e aspettare impariamo.


domenica 12 luglio 2020

Gassman, il Mattatore


Da "Il sorpasso" di Dino Risi



A Dio di Vittorio Gassman

 


Eri, come “La lettera smarrita” di Poe,

nello spazio impensato perché

scontato.


Eri e Sei – forse ora ho capito –

fra le parole che ho tanto usato e

osato;

sempre ci sei stato, eri li,

ci sei ancora e voglio decifrarti,

stanarti usando sì le parole ma in

modo

diverso e in diverso modo la follia,

il mestiere con cui la parola

mi diventa grafia, mania, modo,

vuoto suono ad effetto. E fola.

 

Solo quello so fare, solo lì

c’è speranza che Tu adesso compaia

perfetto,

se vuoi in rima, rimando con te stesso,

in un metro o in un altro. Tu

puoi innalzare al cielo qualunque

prosodia;

purché Tu appaia, le fruste parole

si fanno Parola, e col mio io

sepolto finalmente parlerai,

che mai è stato quel che era forse

destinato

ad essere, un io mancato, strangolato.

 

Parlami a perdifiato, Ti cedo

ogni suono o silenzio; e già ti vedo

emergere da quella pila di parole

inutilmente sparse nel cassetto,

cancellarne rime e rumore,

facendone linguaggio perfetto.

 

Cancella anche me, cambiami,

conducimi,

ritraducimi, parla Tu per sempre,

Signore.