sabato 26 dicembre 2020

Kunanbaev, fondatore pensoso e giudizioso

 

Foresta di Dilka Bear

 

Summer by Abai Kunanbaev

 

Summer climbs the mountains

Flowers overcolour and blanch.

Men leave the sun and sit,

tree-tented, by the cold creek.

Horses bray, each apart

in the warm air, and the long grass

whiffles in a lime plain.

Hushed and still, the horseherd stand

in whiter-high; and wave

the flies away with silk-swish tails;

and colts clatter the air,

rippling the quiet, and lifted eyes.

Geese hoot through certain blue.

Ducks slip past, water-brushing.

Girls frame the tents, their

soft voices melting in the heat.

The boss rides back from his sheep,

smiling through tent-town,

clopping with warm slow time,

his hat a tilted effect.

And old-timers suck round

the milk-hooch bag, their

say-again stories fired

in their laugh-again eyes.

The stewmeat steams.

A boy tugs his mother's spoon.

The bosses sit in a curl of time

on light-swirled carpets

under a languid tilt

and suck their tea and talk and talk

in mannered turn. A rheumy old grouch

shouts at the shepherds' dust,

one ear on his own brave show.

No other ear heras more than heat

and quiet: and talk runs on,

creek-like, with the creek.

The herdsmen, strutting-young,

rock coolly in their saddles, parading back

from night-time grazing, dressed

to see, and riding twice their blood.

Way past the tents in the softened heat

the boss's son casts falcons

with his friends. Their horses mouth

the close, bright air. The bird

drills up along the sky

and nails a heat-blown goose.

And the rheumy old grouch,

coughing in the shepherds' dust,

stares, unwatched, and hot with sadness

that his glory is all gone.

 

***

 

Estate di Abai Kunanbaev

 

L’estate sale sulle colline.

I fiori imbiancano e si colorano.

Gli uomini lasciano il sole e siedono

sotto gli alberi, vicino al fresco ruscello.

I cavalli nitriscono, ognuno lontano

dall’altro nell’aria calda e l’erba alta

sussurra in una pianura di tigli.

Tranquillo ed immobile il branco di cavalli

è immerso nell’acqua ferma; e scaccia

le mosche con leggeri colpi di coda;

e i puledri scalpitano nell’aria,

rompendo la quiete negli occhi sgranati.

Le oche starnazzano nel blu.

Le anatre scivolano sull’acqua.

Le ragazze mettono su le tende, le loro

Voci morbide si sciolgono nel caldo.

Il capo ritorna dalle sue pecore,

sorridendo attraverso la tendopoli,

facendo scalpitare il cavallo,

il cappello inclinato sulla testa.

I ritardatari sorseggiano il latte

munto di fresco, le vecchie storie

narrate negli occhi sorridenti.

Lo stufato bolle.

Un ragazzo strappa di mano

alla mamma il cucchiaio.

I capi siedono per un attimo

sui tappeti distesi

sotto un languido pendio

e bevono il tè e parlano, parlano

a modo loro. Un vecchio brontolone

urla per la polvere delle pecore,

un orecchio al suo coraggioso spettacolo.

Nessun altro sente se non caldo e silenzio:

e le chiacchiere continuano,

a fiumi, con il fiume.

I pecorai giovani in apparenza,

si cullano sulle loro selle, al ritorno

dal pascolo notturno, vestiti per vedere

cavalcare il loro sangue due volte.

Lontano dalle tende, nel caldo morbido,

il figlio del padrone lancia falconi

con gli amici. Le bocche dei loro cavalli

hanno l’aria lucente in bocca. L’uccello

trilla su nel cielo

e martella di sotto un’oca sfatta dal caldo.

E il vecchio reumatico brontolone,

tossendo nella polvere del gregge,

resta immobile, di nascosto, pieno di tristezza

medita sulla sua antica gloria.

 

 


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