martedì 19 gennaio 2016

Marziale, l'arte degli epigrammi

Proverbi fiamminghi, Pieter Bruegel il Vecchio




Epigrammi di Marziale


LA METAMORFOSI DI LEVINA
La casta Levina, non da meno
delle antiche sabine,
sebbene più rigida essa stessa
del severo marito,
mentre nel bagno si rilassa,
ora nelle acque del Lucrino,
ora d'Averno,
e mentre spesso prende un bagno caldo
nelle terme di Baia,
ecco che cade in amoroso fuoco:
pianta il marito e segue un giovanotto:
come Penelope a Baia era venuta,
come novella Elena partì.


LACRIME A COMANDO
Quando Gellia sta sola soletta,
non piange per il padre che ha perduto,
ma se qualcuno s'avvicina a lei,
scorre giù a comando
un pianto senza fine.
Chiunque cerca di essere lodato,
non piange, o Gellia;
sente il dolor veramente
chi piange in segreto.


A UN DIVORATORE DI FUNGHI
Dimmi, che follia è cotesta?
Mentre la folla dei tuoi convitati
ti guarda a dente asciutto,
tu, da solo, Ceciliano,
divori i porcini.
Quale augurio rivolgerti, degno
d'una gola e d'un ventre così grandi?
Che tu possa mangiare un boleto,
come quello che Claudio mangiò.


A UN LETTORE SCHIZZINOSO E INVIDIOSO
Tu che fai delle smorfie, o velenoso,
e volentieri non leggi questi versi,
possa di tutti essere invidioso,
nessuno mai di te.


IL TIPO DEL PETTEGOLO
Sempre, Cinna,
all'orecchio di tutti tu sussurri,
anche le notizie
che è lecito dire ad alta voce
dinanzi ad una folla di uditori.
Ridi accosto all'orecchio e ti lamenti,
accusi e piangi e canti nell'orecchio,
giudizi esprimi, taci e gridi
e perciò questo vizio radicato
è in te profondamente
al punto che spesso nell'orecchio
tu, Cinna,
le lodi di Cesare bisbigli.


LA PRESUNZIONE DI GELLIA
Mentre il gran nome degli avi e dei proavi
ti escono sempre di bocca
e me cavaliere rifiuti,
come umiliante partito,
mentre dichiari di poter sposare
solo chi il laticlavio indossi,
Gellia, in matrimonio ti unisci
con uno che porta i bagagli.


I DONI DI UN'AVVELENATRICE
Ogni volta che tu mi mandi un tordo
o il pezzo quadrato d'una torta
o un cosciotto di lepre
o una simile altra leccornìa,
tu, Ponzia, dici di avermi mandato
il bocconcino tuo più prelibato.
Ma io, Ponzia, non oserò mangiarli,
né mandarli in regalo ai miei vicini.


L'IDEALE DI VITA DEL POETA
Se vuoi conoscere in breve del tuo Marco
gl'intimi desideri, o mio Frontone,
decoro illustre dei nostri cittadini
in pace e in guerra,
ecco ciò che desidera, di essere
coltivatore di un proprio campicello,
egli che ama, tra modesti beni,
la vita agreste semplice e serena.
Forse qualcuno ti frequenterebbe
il freddo degli atrii rivestiti
di variopinto marmo di Laconia
e, come un vero sciocco,
recherebbe il saluto mattutino,
se, contento dei frutti del suo bosco
e del campo, potesse rovesciare
le reti piene dinanzi al focolare
e pescar con la lenza tremolante
un pesce saltellante
e fare giù colar da un orcio rosso
il miel dorato?
Se inoltre una grassa contadina
gli colmasse la mensa zoppicante
e un ceppo non comprato
ne cuocesse le uova nella cenere?
Auguro a chi non mi vuol bene
di non amar questa vita
e di viver, tra le faccende urbane,
pallido come un panno del bucato.


LA RICCHEZZA DEL POETA
Mentre, Castrico, la felice Baia
i suoi piaceri a te largisce
e la candida ninfa ti consente
di nuotar nelle sue acque solforose,
io mi ristoro nel placido riposo
del mio poderetto di Nomento
e della casa modesta che il peso
di sé non fa sentire al mio raccolto.
Questo è per me il bel sole di Baia,
son queste le dolci acque del Lucrino,
questo luogo, Castrico, è per me
quello che per voi son le ricchezze.
Piaceami un tempo di correre ovunque
fossero terme o spiagge rinomate
ed i lunghi viaggi non temevo;
ora mi piacciono i luoghi ed i ritiri
vicini alla città, assai contento
se me ne posso star senza far niente.