domenica 17 novembre 2024

Battiferri, il primo libro delle opere toscane

 

Agnolo Bronzino, Ritratto di Laura Battiferri




 Così sempre, Arno, in te sian chiare l’onde di Laura Battiferri

 

Così sempre, Arno, in te sian chiare l’onde

cui le ninfe e i pastor danzino intorno

e verdeggin, o scemi o cresca il giorn,

di fior carche e di frutti ambe le sponde

così ti sia dell’onorata fronde

l’umido crine eternamente adorno,

e d’Acheloo ti ceda il ricco corno,

e spirin l’aure al corso tuo seconde;

e’l Nilo e l’Istro e l’Indo e gli altri fiumi

e’l Mar Tirreno e’l gran padre Oceano

con tutti i liti lor ti dian tributo;

come più chiaro tra cotanti numi

saria, mercè dell’arte e della mano

del mio Fidia novello oggi veduto.


venerdì 1 novembre 2024

Zach, Anti-cancellatura

 

Ismail Shammout, The Olive Tree



Per la prima volta di Natan Zach


Per la prima volta
comincio a dubitare
di riuscire davvero a raggiungere quaggiù
ciò che dentro di me
chiamai felicità.

Non ne avevo dubitato mai.
Ma una sera vuota di desiderio

mi insinua questo dubbio nel cuore.
Dubbio che certo conobbero anche
gli scalatori di alti monti

vedendo la bianca vetta innevata
con il petto vuoto di scalata,
vuoto di monti.

domenica 6 ottobre 2024

Alareer, scritti nati dal fuoco

 

Prayer, Anne Ben-Or



Se devo morire di Refaat Alareer

 

Se dovessi morire,
tu devi vivere
per raccontare
la mia storia
per vendere le mie cose
per comprare un po’ di carta
e qualche filo,
per farne un aquilone
(fallo bianco con una lunga coda)
cosicché un bambino,
da qualche parte a Gaza,
guardando il cielo
negli occhi
in attesa di suo padre che
se ne andò in una fiamma
senza dare l’addio a nessuno
nemmeno alla sua stessa carne
nemmeno a se stesso
veda l’aquilone, il mio
aquilone che tu hai fatto,
volare là sopra
e pensi per un momento
che un angelo sia lì
a riportare amore.
Se dovessi morire,
fa che porti speranza
fa che sia un racconto!

venerdì 23 agosto 2024

Delon, l'eclisse di un samurai

 



La lettera di Alain Delon a Romy Schneider


"Ti guardo mentre dormi. Sono accanto a te, sono al tuo letto di morte. Indossi una lunga tunica, nera e rossa, con un ricamo sulla parte superiore. Credo che siano fiori, ma non indugio troppo a osservarli. Ti dico addio, il più lungo di tutti gli addii, bambolina mia. Così ti ho sempre chiamata: bambolina. Non perdo tempo a guardare i fiori, guardo il tuo viso e penso che tu sia bella e che non lo sia mai stata così tanto come in questo momento. Penso anche che è la prima volta in vita mia che ti vedo quieta e serena. Si potrebbe dire che una mano delicata abbia lavato via dal tuo viso paure e dissidi. Ti guardo mentre dormi. Mi dicono che tu sia morta. In che modo ne sono colpevole io? …Ci si pone sempre questa domanda davanti a qualcuno che si è amato e si ama ancora. Questa emozione ci sommerge, poi torna indietro e alla fine ci si convince che tutto sommato non si è colpevoli. Non colpevoli, ma comunque responsabili. Ecco. Lo sono anch'io. È a causa mia che la notte scorsa il tuo cuore ha cessato di battere. A causa mia, perché 25 anni fa fui scelto per essere il tuo partner in "Christine". Tu arrivavi da Vienna e io ti aspettavo a Parigi con un mazzo di fiori in mano che non sapevo come tenere. Ma i produttori mi avevano detto: "Appena scende dalla passerella, vada da lei e le porga i fiori", io aspettai con i fiori in mano come un imbecille, in mezzo a un'orda di fotografi. Tu scendesti dall'aeroplano, io mi avvicinai. Dicesti a tua madre: " deve essere Alain Delon, il mio partner!". Nient'altro, nessun colpo di fulmine a ciel sereno. Così andai a Vienna, dove si girava il film, ed è stato là che mi sono innamorato follemente di te. E tu ti sei innamorata di me. Spesso ci siamo posti a vicenda la tipica domanda degli innamorati: "Chi è stato di noi due ad innamorarsi prima, tu o io?". Contavamo e rispondevamo: "Nè tu ne io, entrambi". Mio dio come eravamo giovani e felici! Alla fine del film ti dissi: "Vieni con me, andiamo a vivere insieme in Francia", e tu rispondesti subito: "Si, voglio vivere con te, in Francia". Ti ricordi vero? La tua famiglia, i tuoi genitori, andarono fuori di sé. E tutta l'Austria, tutta la Germania. Dissero che ero un usurpatore, un rapitore. Mi accusarono di portare via "l'imperatrice". Io un francese, che non parlava una parola di tedesco. E tu, bambolina, che non parlavi una parola di francese. All'inizio ci amavamo senza scambiarci una parola. Ci guardavamo e ridevamo. Bambolina, e io ero "Pepè". Dopo qualche mese io ancora non parlavo tedesco, ma tu parlavi francese così bene che potemmo recitare in teatro. Quella volta il regista fu Visconti. Ci diceva che ci assomigliavamo, che avevamo fra le sopracciglia la stessa "V" che si increspava per la collera, per la paura di vivere, per il terrore. Lui la chiamava la "V di Rembrandt", perché diceva che nel suo autoritratto questo artista si era raffigurato con la stessa "V". Adesso ti guardo dormire e la "V di Rembrandt" è scomparsa. Adesso non hai più paura. Non stai più in agguato, non sei più preda di cacciatori. La caccia è finita e tu finalmente riposi. Ti guardo ancora e ancora e ancora. Ti conosco bene, in ogni dettaglio. So chi sei e perché sei morta. La tua indole, come si dice. A loro, agli "altri", io rispondo che l'indole di Romy era la sua indole. Questo è tutto! Lasciatemi in pace. Tu facevi male agli altri perché eri te stessa, compatta e unica. Una ragazzina che divenne una stella molto velocemente, troppo. Da questo provenivamo da una parte i tuoi capricci, i tuoi impeti di collera e le tue bambinate, sempre legittime, certo, ma con conseguenze inimmaginabili. Dall'altra, la tua autorevolezza professionale. Si, una ragazzina che non sapeva bene con cosa stesse giocando, con chi, e perché. È in questa contraddizione, e attraverso questa breccia che fanno irruzione la paura e l'infelicità. Quando ci si chiama Romy Schneider e quando si è nel fiore della propria vita e si ha la tua sensibilità e il tuo temperamento. Come si può spiegare chi eri tu e chi siamo noi, i cosiddetti "attori", come si può far capire che noi, recitando, interpretando, essendo qualcun altro da quello che realmente siamo, impazziamo e ci perdiamo? Come si può far capire la difficoltà, il bisogno di possedere un carattere forte ed equilibrato per riuscire a rimanere in qualche modo in piedi? Ma come possiamo noi, trovare questo equilibrio in questo mondo. Noi, i giocolieri, i clown, i trapezisti da circo ai quali i riflettori indicano la strada dorata? Dicesti una volta "Non so cosa io debba fare nella mia vita, ma in un film sono in grado di fare tutto". Non possono comprendere che più un attore è grande e più diventa inadatto alla vita. Greta Garbo, Marylin, Rita Hayworth…..e tu…. e mentre tu riposi io urlo e piango, piango accanto a te, piango perché questo lavoro schifoso non è un lavoro per una donna. Ed io tutto questo lo so perché l'uomo che io sono è quello che meglio di ogni altro ti ha conosciuta, quello che meglio di ogni altro ti ha capita. Perché sono anch'io un attore. Eravamo della stessa razza, bambolina, parlavamo la stessa lingua. Non possono capirci loro, gli "altri". Gli attori si, gli altri no. È inspiegabile. E quando si è una donna come te, non possono comprendere che di questo ci si può anche morire. Io ti scrivo a casaccio, senza un ordine preciso. Bambolina mia, così aggressiva, così piena di ferite. Non sei mai riuscita a capire ne ad accettare il ruolo di personaggio pubblico che tu stessa avevi scelto e che amavi. Eri un personaggio pubblico e le grandi implicazioni di questo non le hai mai comprese. Tu hai rifiutato il ruolo e tutti i ruoli che questo lavoro porta con sé. Ti sei sentita assalita, trafitta, violentata nella tua sfera personale. E tu, tu l'hai sempre saputo che il destino ti prendeva con una mano quello che ti dava con l'altra. Abbiamo vissuto insieme più di 5 anni. Tu con me, io con te. Insieme. Poi la vita….quella nostra vita che in fondo non interessava a nessuno, ci ha separati. Ma ci siamo chiamati, spesso, si proprio così, ci siamo dati dei segnali. Alla fine ci fu il film "La piscina", ci siamo ritrovati con il fine di lavorare insieme. Venni a prenderti in Germania, conobbi David, tuo figlio. Da quel film in poi tu sei mia sorella, io tuo fratello. Fra di noi tutto era chiaro, schietto. Nessun'altra passione. La nostra amicizia risiedeva nel sangue, nella somiglianza e nelle parole. E dopo ci fu nella tua vita ancora infelicità e la paura. Bambolina mia, questo lavoro così doloroso! Ho vissuto con te oppure solo al tuo fianco? Fino alla morte di David c'era il lavoro a tenerti la testa fuori dall'acqua, poi David se ne è andato e il lavoro non ti è stato più sufficiente. Non mi ha stupito affatto la triste notizia che anche tu ci avevi lasciato. Di cosa avrei dovuto stupirmi? Del tuo non-suicidio, forse. Ma non del tuo cuore distrutto. Mi sono detto: "Eccola, la fine del tunnel!". Ti guardo mentre dormi. Tuo fratello Wolfie e Laurent entrano nella stanza. Parlo con Wolfie. I nostri ricordi vanno alla mia casa di campagna. Ai doberman che ti facevano così paura. A tante altre storie…. più di 20 anni fa, in Baviera, in un piccolo paesino. Wolfie aveva 14 anni, io 23 e tu 20. Ridemmo molto quando ci fu annunciata la visita del presidente francese del "Romy Schneider fan club". Vedemmo arrivare una ragazza giovane e slanciata, con un paio di occhiali, carina….. si chiamava Bernardette. Quando tornammo a Parigi la chiamammo. Divenne la nostra segretaria, per sei anni. Lei è ancora la mia segretaria! Ti guardo mentre dormi, solo ieri eri viva e hai detto a Laurent: "Vai a dormire, io vengo fra un po', resto ancora con David ad ascoltare musica!". Questo lo hai detto ogni sera. Prima di coricarti volevi rimanere da sola con il ricordo di tuo figlio. Ti sei messa a sedere. Hai preso carta e penna e hai disegnato, per Sarah… disegnavi per la tua piccola figlia, finché non hai avuto dolori al cuore e improvvisamente.. così bella. Bella, ricca, famosa. Di cos'altro avresti avuto bisogno? Di pace, e di un po' di felicità! Ti guardo mentre dormi. Sono di nuovo solo. Mi dico: tu mi hai amato. io ti ho amata. Io ho fatto di te una francese, una star francese. Si, è per questo che mi sento responsabile. E questa terra che tu hai amato per causa mia, è diventata anche la tua patria. La Francia. Wolfie ha deciso, e anche Laurent ne ha espresso il desiderio, che tu rimanga qui per sempre in suolo francese. A Boissy. Là, dove fra un paio di giorni verrai raggiunta da tuo figlio David. In un piccolo luogo dove hai appena ricevuto le chiavi per la tua casa. Là volevi vivere, vicino a Laurent, vicino a Sarah. Là dormirai per sempre. In Francia. Vicino a noi, vicino a me. Del tuo viaggio fino a Boissy me ne sono occupato io, così da alleggerire Laurent e la tua famiglia. Ma non sarò presente né in chiesa né alla tomba. Wolfie e Laurent mi capiscono. Ti prego di perdonarmi, tu sai che io non avrei potuto in nessun modo proteggerti da questa gente avida, da questa massa di libidinosi, da questo "spettacolo" di cui hai sempre avuto paura. Perdonami. Verrò il giorno successivo e staremo da soli. Bambolina, continuo a guardarti, a guardarti ancora. Con i miei sguardi voglio inghiottirti e dirti ancora che non sei mai stata così bella e così tranquilla. Riposa in pace. Io ci sono. Da te ho imparato un po' di tedesco. Le parole:" ich liebe dich".

domenica 11 agosto 2024

Geddes, nessuna via d'uscita facile

Emily Carr, Blunden Harbour, 1930




Verbo di Gary Geddes

 

Mi feci carne;

Nuotai, impaziente,

in acque placentali.

 

Guanti di gomma

diressero il mio cranio letale

nella breccia, mi lanciarono

in mari più sottili.

 

Un quarto di buon champagne

mi schizzò lungo i fianchi,

un motore minuto

mi sospinse avanti.

 

Navi affondarono, una dopo

l’altra, le urla degli uomini

non valsero a nulla.

Cantai nell’aria,

il mio canto

infranse un pensiero di bambino.

 

Mi piantarono nei campi,

sotto ponti, nessuno

raccolse i pezzi.

Mi lanciarono su città;

la carne bruciata mi s’impuntò

in gola.

 

Mi svecchiarono, mi resero

slanciato, bello.

Divenni vanesio. Inesausta

era la mia brama.

Li osteggiai.

 

Menzionarono dio, l’onore.

Mi pulii la bocca

sulla manica.

sabato 29 giugno 2024

Fortunato, Venantius Honorius Clementianus Fortunatus

 

Venanzio Fortunato legge i suoi poemi a Radegonda, Lawrence Alma-Tadema


Per la croce del signore (Vexilla regis prodeunt) di Venanzio Fortunato


Avanzano le insegne del re:
mistero rifulge la croce,
a cui fu sospeso l’autore
della carme, nel suo corpo.

Costui trafitto da chiodi,
stese le mani ed i piedi
per la nostra redenzione,
egli fu immolato a vittima.

Ferito da lancia spietata,
ne uscirono acqua e sangue:
che detergono le macchie
di ogni nostro peccato.

Si è compiuto ciò che cantò
Davide alle genti, carme
degno di fede: “Da un legno
provenne il regno di Dio”.

Albero magnifico splendido,
ornato di regale porpora,
prescelto fra tronchi degni
del contatto di sacre membra.

Pianta beata, alle tue braccia
appeso, il riscatto del mondo
fece bilancia con il suo corpo:
all’inferno rapì la sua preda.

Aroma emana la tua corteccia,
per sapore vinci il nettare;
lieta del tuo frutto fecondo
plaudi al suo nobile trionfo.

A voi salve, altare e vittima,
gloriosi per la sua passione:
la vita essa trasse a morte,
ma la morte convertì a vita.

Ave, o croce, unica speranza:
in questo tempo di passione
accresci ai devoti la grazia,
mina ai malvagi la loro opera!