La lettera di Alain Delon a Romy Schneider
"Ti guardo mentre dormi. Sono accanto a te, sono al tuo
letto di morte. Indossi una lunga tunica, nera e rossa, con un ricamo sulla
parte superiore. Credo che siano fiori, ma non indugio troppo a osservarli. Ti
dico addio, il più lungo di tutti gli addii, bambolina mia. Così ti ho sempre
chiamata: bambolina. Non perdo tempo a guardare i fiori, guardo il tuo viso e
penso che tu sia bella e che non lo sia mai stata così tanto come in questo
momento. Penso anche che è la prima volta in vita mia che ti vedo quieta e
serena. Si potrebbe dire che una mano delicata abbia lavato via dal tuo viso
paure e dissidi. Ti guardo mentre dormi. Mi dicono che tu sia morta. In che
modo ne sono colpevole io? …Ci si pone sempre questa domanda davanti a qualcuno
che si è amato e si ama ancora. Questa emozione ci sommerge, poi torna indietro
e alla fine ci si convince che tutto sommato non si è colpevoli. Non colpevoli,
ma comunque responsabili. Ecco. Lo sono anch'io. È a causa mia che la notte
scorsa il tuo cuore ha cessato di battere. A causa mia, perché 25 anni fa fui
scelto per essere il tuo partner in "Christine". Tu arrivavi da
Vienna e io ti aspettavo a Parigi con un mazzo di fiori in mano che non sapevo
come tenere. Ma i produttori mi avevano detto: "Appena scende dalla
passerella, vada da lei e le porga i fiori", io aspettai con i fiori in
mano come un imbecille, in mezzo a un'orda di fotografi. Tu scendesti
dall'aeroplano, io mi avvicinai. Dicesti a tua madre: " deve essere Alain
Delon, il mio partner!". Nient'altro, nessun colpo di fulmine a ciel
sereno. Così andai a Vienna, dove si girava il film, ed è stato là che mi sono
innamorato follemente di te. E tu ti sei innamorata di me. Spesso ci siamo
posti a vicenda la tipica domanda degli innamorati: "Chi è stato di noi
due ad innamorarsi prima, tu o io?". Contavamo e rispondevamo: "Nè tu
ne io, entrambi". Mio dio come eravamo giovani e felici! Alla fine del
film ti dissi: "Vieni con me, andiamo a vivere insieme in Francia", e
tu rispondesti subito: "Si, voglio vivere con te, in Francia". Ti
ricordi vero? La tua famiglia, i tuoi genitori, andarono fuori di sé. E tutta
l'Austria, tutta la Germania. Dissero che ero un usurpatore, un rapitore. Mi
accusarono di portare via "l'imperatrice". Io un francese, che non
parlava una parola di tedesco. E tu, bambolina, che non parlavi una parola di
francese. All'inizio ci amavamo senza scambiarci una parola. Ci guardavamo e
ridevamo. Bambolina, e io ero "Pepè". Dopo qualche mese io ancora non
parlavo tedesco, ma tu parlavi francese così bene che potemmo recitare in
teatro. Quella volta il regista fu Visconti. Ci diceva che ci assomigliavamo,
che avevamo fra le sopracciglia la stessa "V" che si increspava per
la collera, per la paura di vivere, per il terrore. Lui la chiamava la "V
di Rembrandt", perché diceva che nel suo autoritratto questo artista si
era raffigurato con la stessa "V". Adesso ti guardo dormire e la
"V di Rembrandt" è scomparsa. Adesso non hai più paura. Non stai più
in agguato, non sei più preda di cacciatori. La caccia è finita e tu finalmente
riposi. Ti guardo ancora e ancora e ancora. Ti conosco bene, in ogni dettaglio.
So chi sei e perché sei morta. La tua indole, come si dice. A loro, agli
"altri", io rispondo che l'indole di Romy era la sua indole. Questo è
tutto! Lasciatemi in pace. Tu facevi male agli altri perché eri te stessa,
compatta e unica. Una ragazzina che divenne una stella molto velocemente,
troppo. Da questo provenivamo da una parte i tuoi capricci, i tuoi impeti di
collera e le tue bambinate, sempre legittime, certo, ma con conseguenze
inimmaginabili. Dall'altra, la tua autorevolezza professionale. Si, una
ragazzina che non sapeva bene con cosa stesse giocando, con chi, e perché. È in
questa contraddizione, e attraverso questa breccia che fanno irruzione la paura
e l'infelicità. Quando ci si chiama Romy Schneider e quando si è nel fiore
della propria vita e si ha la tua sensibilità e il tuo temperamento. Come si
può spiegare chi eri tu e chi siamo noi, i cosiddetti "attori", come
si può far capire che noi, recitando, interpretando, essendo qualcun altro da
quello che realmente siamo, impazziamo e ci perdiamo? Come si può far capire la
difficoltà, il bisogno di possedere un carattere forte ed equilibrato per
riuscire a rimanere in qualche modo in piedi? Ma come possiamo noi, trovare
questo equilibrio in questo mondo. Noi, i giocolieri, i clown, i trapezisti da
circo ai quali i riflettori indicano la strada dorata? Dicesti una volta
"Non so cosa io debba fare nella mia vita, ma in un film sono in grado di
fare tutto". Non possono comprendere che più un attore è grande e più
diventa inadatto alla vita. Greta Garbo, Marylin, Rita Hayworth…..e tu…. e
mentre tu riposi io urlo e piango, piango accanto a te, piango perché questo
lavoro schifoso non è un lavoro per una donna. Ed io tutto questo lo so perché
l'uomo che io sono è quello che meglio di ogni altro ti ha conosciuta, quello
che meglio di ogni altro ti ha capita. Perché sono anch'io un attore. Eravamo
della stessa razza, bambolina, parlavamo la stessa lingua. Non possono capirci
loro, gli "altri". Gli attori si, gli altri no. È inspiegabile. E quando
si è una donna come te, non possono comprendere che di questo ci si può anche
morire. Io ti scrivo a casaccio, senza un ordine preciso. Bambolina mia, così
aggressiva, così piena di ferite. Non sei mai riuscita a capire ne ad accettare
il ruolo di personaggio pubblico che tu stessa avevi scelto e che amavi. Eri un
personaggio pubblico e le grandi implicazioni di questo non le hai mai
comprese. Tu hai rifiutato il ruolo e tutti i ruoli che questo lavoro porta con
sé. Ti sei sentita assalita, trafitta, violentata nella tua sfera personale. E
tu, tu l'hai sempre saputo che il destino ti prendeva con una mano quello che
ti dava con l'altra. Abbiamo vissuto insieme più di 5 anni. Tu con me, io con
te. Insieme. Poi la vita….quella nostra vita che in fondo non interessava a
nessuno, ci ha separati. Ma ci siamo chiamati, spesso, si proprio così, ci
siamo dati dei segnali. Alla fine ci fu il film "La piscina", ci
siamo ritrovati con il fine di lavorare insieme. Venni a prenderti in Germania,
conobbi David, tuo figlio. Da quel film in poi tu sei mia sorella, io tuo
fratello. Fra di noi tutto era chiaro, schietto. Nessun'altra passione. La
nostra amicizia risiedeva nel sangue, nella somiglianza e nelle parole. E dopo
ci fu nella tua vita ancora infelicità e la paura. Bambolina mia, questo lavoro
così doloroso! Ho vissuto con te oppure solo al tuo fianco? Fino alla morte di
David c'era il lavoro a tenerti la testa fuori dall'acqua, poi David se ne è
andato e il lavoro non ti è stato più sufficiente. Non mi ha stupito affatto la
triste notizia che anche tu ci avevi lasciato. Di cosa avrei dovuto stupirmi?
Del tuo non-suicidio, forse. Ma non del tuo cuore distrutto. Mi sono detto:
"Eccola, la fine del tunnel!". Ti guardo mentre dormi. Tuo fratello
Wolfie e Laurent entrano nella stanza. Parlo con Wolfie. I nostri ricordi vanno
alla mia casa di campagna. Ai doberman che ti facevano così paura. A tante altre
storie…. più di 20 anni fa, in Baviera, in un piccolo paesino. Wolfie aveva 14
anni, io 23 e tu 20. Ridemmo molto quando ci fu annunciata la visita del
presidente francese del "Romy Schneider fan club". Vedemmo arrivare
una ragazza giovane e slanciata, con un paio di occhiali, carina….. si chiamava
Bernardette. Quando tornammo a Parigi la chiamammo. Divenne la nostra segretaria,
per sei anni. Lei è ancora la mia segretaria! Ti guardo mentre dormi, solo ieri
eri viva e hai detto a Laurent: "Vai a dormire, io vengo fra un po', resto
ancora con David ad ascoltare musica!". Questo lo hai detto ogni sera.
Prima di coricarti volevi rimanere da sola con il ricordo di tuo figlio. Ti sei
messa a sedere. Hai preso carta e penna e hai disegnato, per Sarah… disegnavi
per la tua piccola figlia, finché non hai avuto dolori al cuore e
improvvisamente.. così bella. Bella, ricca, famosa. Di cos'altro avresti avuto
bisogno? Di pace, e di un po' di felicità! Ti guardo mentre dormi. Sono di
nuovo solo. Mi dico: tu mi hai amato. io ti ho amata. Io ho fatto di te una
francese, una star francese. Si, è per questo che mi sento responsabile. E
questa terra che tu hai amato per causa mia, è diventata anche la tua patria.
La Francia. Wolfie ha deciso, e anche Laurent ne ha espresso il desiderio, che
tu rimanga qui per sempre in suolo francese. A Boissy. Là, dove fra un paio di
giorni verrai raggiunta da tuo figlio David. In un piccolo luogo dove hai
appena ricevuto le chiavi per la tua casa. Là volevi vivere, vicino a Laurent,
vicino a Sarah. Là dormirai per sempre. In Francia. Vicino a noi, vicino a me.
Del tuo viaggio fino a Boissy me ne sono occupato io, così da alleggerire
Laurent e la tua famiglia. Ma non sarò presente né in chiesa né alla tomba.
Wolfie e Laurent mi capiscono. Ti prego di perdonarmi, tu sai che io non avrei
potuto in nessun modo proteggerti da questa gente avida, da questa massa di
libidinosi, da questo "spettacolo" di cui hai sempre avuto paura.
Perdonami. Verrò il giorno successivo e staremo da soli. Bambolina, continuo a
guardarti, a guardarti ancora. Con i miei sguardi voglio inghiottirti e dirti
ancora che non sei mai stata così bella e così tranquilla. Riposa in pace. Io
ci sono. Da te ho imparato un po' di tedesco. Le parole:" ich liebe
dich".