San Gallo, Antonio Ligabue |
Per un bambino che non conosce più i passeri di Umberto Bellintani
Urlavan lungi dei cani (o eran gufi?).
Urlavan lungi dei cani e c'eran gufi;
e come assassini i morti si muovevano rasenti i muri del
cimitero
quando il ragazzino si trovò
solo solo nella notte.
E allora egli aveva un urlo strozzato nella gola,
ché un fruscio d'erbe lo soffocava come un serpente
e la luna veramente era cupa tra le fronde degli alberi.
Come assassini i morti si muovevano rasenti i muri e i fianchi degli argini,
e fu allora che il bambino perse l'uso della parola,
e perse la vista comune delle viole e dei giocattoli
e il senso naturale delle cose.
Così ora tentenna il capo e nei suoi occhi è una nuvola,
ma pare un angelo divino contemplante
profonde luci assorte in sé stesso.
Povera madre che lo sorvegli lungo i sentieri del tuo orto
e ora lacrimi al suo riso ebete sugli asparagi,
io non so dirti s'è sfortuna a lui toccata
o s'è migliore la sua sorte, più benigna
che al fanciullo intento a suddividere
in bianchi e neri i dadi del suo gioco.